Il Mangostano e le sue proprietà

Probabilmente avrai già letto qualcosa ma forse non ti ha ancora convinto o magari hai ottenuto qualche informazione parlando con gli amici o leggendo qualche rivista.
Beh, posso anticiparti che non ho alcuna intenzione di essere ripetitivo.

Non voglio convincerti di nulla, non voglio venderti alcun prodotto affermando che le sue proprietà benefiche e curative siano senza eguali. Il mio compito, come informatore, è solo quello di spiegarti quali sono le proprietà del mangostano.

Il mangostano, anche se probabilmente già lo saprai, è un frutto. Le varie popolazioni lo usavano per qualunque cosa: problemi intestinali, cura di gengiviti, tonico e addirittura tagliato a fette e posto su una parte dolorante (ma non si usava la bistecca?).

Sì, difficile contare gli svariati usi del mangostano da parte delle tribù indigene, ma credo che questo sia di poco rilievo visto che può portarci su un’unica direzione: confonderti le idee!

Il mangostano ha solo la proprietà di combattere lo stress ossidativo e ostacolare i processi infiammatori presenti nel tuo organismo.

Personalmente non sono a conoscenza che possa fare altro.

Il frutto del mangostano può avere favolose proprietà antiossidantiQuindi, se in questo momento non hai alcuna infiammazione in atto e il tuo livello di stress ossidativo è sotto controllo, allora, è inutile che tu continui a leggere. Se vuoi saperne di più, invece, ti consiglio di leggere qualcosa sugli...

ATTENZIONE: Se sai già tutto sul mangostano e vuoi provare i suoi effetti benefici, allora scopri di più sulla purea di mangostano.

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Il finocchio fa bene alla salute

Postato il 30/11/2016

Bianco, croccante, saporito. Queste tre parole fanno subito pensare ad uno degli ortaggi più amati da noi italiani e per questo sempre presenti sulle nostre tavole: il finocchio. Ma quanto conosciamo questo prodotto della terra che tanto ci è familiare? Il finocchio, il cui nome scientifico è Foeniculum vulgare Mill., è una pianta erbacea mediterranea della famiglia delle Apiaceae. Il finocchio nasce come pianta selvatica ed era conosciuto sin dall’antichità per le sue proprietà aromatiche. La sua coltivazione orticola risale solo al 1500 quando si addomesticò la specie dando vita all’ortaggio che noi oggi conosciamo e che si distingue da quello selvatico per il suo gusto più dolce e meno pungente.

Mangiare finocchio aiuta a vivere meglio

finocchioVediamo alcune differente tra le due varietà:

Finocchio selvatico: è una pianta spontanea e perenne, dal fusto ramificato, alta fino a 2 m. Possiede foglie simili al fieno, di colore verde e produce in estate dei piccoli fiori gialli che poi si trasformano in frutti , dapprima verdi e poi grigiastri. Del finocchio selvatico si utilizzano i germogli, le foglie, i fiori e i frutti.

Finocchio coltivato: detto anche dolce è una pianta annuale o biennale con radice a fittone. Raggiunge i 60–80 cm di altezza. La parte edibile è la grossa guaina a grumolo bianco che si sviluppa alla base.

La storia del finocchio risale a tempi antichissimi. Quello che noi tutti conosciamo come finocchio selvatico era noto per il suo uso alimentare, aromatizzante e curativo. Maratona, nome della pianura in riva all’Egeo dove gli Ateniesi sconfissero i Persiani nel 490 a.C., significa in greco proprio campo di finocchi.  Anche Plinio ci parla delle proprietà di questa pianta consigliandone il consumo per curare la vista e mantenersi giovani, oltre che per ravvivare il desiderio sessuale. Nell’antica Roma, i gladiatori, uomini forzuti considerati un simbolo di virilità, si alimentavano anche con il finocchio per accrescere il loro vigore e coraggio. Durante il Medioevo, Carlo Magno impose la presenza negli orti imperiali di questa pianta dalle qualità taumaturgiche. Nella stessa epoca i semi del finocchio si usavano per aromatizzare piatti di maiale o conservare salumi come appunto la finocchiona. Ha sempre origini medioevali il verbo infinocchiare, derivato dal gambo di finocchio offerto dai tavernieri ai clienti per non far distinguere la qualità del vino servito. Infatti per che il finocchio altera la funzionalità delle papille gustative; quindi, dopo aver mangiato finocchio, tutto sembra più buono e più dolce. Oggi semi, rametti e fiori del finocchio, nella varietà selvatica amara dal lieve retrogusto di liquirizia, sono utilizzati per aromatizzare molti piatti, sopratutto del Sud e Centro Italia. Viene utilizzato anche nei paesi del centro Europa soprattutto per aromatizzare il pane di segale, mentre in India ed in Cina, dopo essere stati tostati e macinati, i semi di finocchio sono parte integrante delle miscele di spezie.

Abbiamo visto l’ampio uso che si faceva in passato del finocchio, ma sappiamo quali sono le sue vere proprietà? Vediamo cosa contengono 100 g di questo straordinario ortaggio:

Calorie 9 kcal

Acqua 93,20 g

Carboidrati 1 g

Zuccheri 1 g

Proteine 1,2 g

Grassi tracce

Colesterolo 0 g

Fibra totale 2,2 g

Sodio 4 mg

Potassio 394 mg

Ferro 0,4 mg

Calcio 45 mg

Fosforo 39 mg

Magnesio 16 mg

Zinco 0,87 mg

Rame 0,1 mg

Selenio  0,9 µg

Vitamina B1 0,02 mg

Vitamina B2 0,04 mg

Vitamina B3 0,5 mg

Vitamina A 2 µg

Vitamina C 12 mg

Una lista molto lunga quella delle sostanze benefiche contenute nel finocchio. Per questa ragione questo ortaggio viene utilizzato per rimediare a diversi disturbi del nostro organismo:

finocchioOttimo digestivo e carminativo

Il finocchio ha principalmente proprietà digestive che sono dovute ad alcuni componenti degli oli essenziali in esso contenuti che stimolano la produzione di succhi gastrici. Sono dimostrati anche i suoi benefici all’organismo umano in caso di gonfiori addominali.

Contro la flatulenza

L’assunzione di finocchio ha la capacità di evitare la formazione di gas intestinali e si rivela quindi utile in caso di aerofagia e meteorismo. In realtà il finocchio, a causa della presenza di acido aspartico che ne potenzia le proprietà carminative, è un rimedio molto conosciuto per contrastare la flatulenza. Il suo estratto può essere utilizzato senza problemi anche dai più piccini.

Ricco di antiossidanti

I flavonoidi, insieme alla vitamina C, conferiscono al finocchio proprietà antiossidanti che, oltre a rafforzare il sistema immunitario, contrastano l’attività dei tanto temuti radicali liberi, prima causa dell’invecchiamento cellulare. In questo modo i benefici del finocchio consentono al nostro organismo di prevenire l’artrite reumatoide ed i dolori articolari.

Ottimo come depurativo

Il finocchio ha anche proprietà depurative del sangue e del fegato ed è anche un buon antinfiammatorio, soprattutto per il colon.

Cura la tosse

Mangiare finocchio aiuta in caso di tosse. Ottimo, per ridurne i fastidi, è assumerlo sottoforma di decotto a base di foglie e semi che andranno bolliti per 3/4 minuti in tre quarti di litro d’acqua per poi essere zuccherato con miele.

Funzione galattogena

Il finocchio viene utilizzato molto dalle donne, quelle che hanno appena partorito per aumentare la produzione di latte, quelle appena entrate nella menopausa per alleviare i sintomi tipici di questa situazione . La sua assunzione risulta utile anche per lenire i dolori e le nausee derivanti dal ciclo mestruale.

Abbassa la pressione sanguigna

Il finocchio è ricco di potassio e per questo è utile per abbassare la pressione sanguigna, un fattore di rischio per ictus ed infarto.

Fa bene al cervello

Il potassio, contenuto in grandi quantità nel finocchio, è un elettrolita, ovvero facilita il passaggio degli impulsi nervosi in tutto il corpo, soprattutto nel cervello, ed essendo un vasodilatatore, aumenta l’apporto di ossigeno al cervello con conseguenti benefici per quest’organo così importante.

Combatte l’anemia

Grazie alla presenza di ferro ed istidina, è anche utile in caso di anemia. Il ferro infatti è il componente principale dell’emoglobina mentre l’istidina stimola la produzione di emoglobina.

Chemio protettivo e antitumorale

Di certo sono ancora tanti i passi avanti che la scienza deve fare riguardo alle proprietà della verdura cruda contro i tumori, ma pare che ci siano stati riscontri positivi sulle proprietà dell’estratto di finocchio per inibire la crescita delle cellule del cancro. È stata dimostrata l’efficacia dell’estratto di semi di finocchio su alcuni tipi di tumore, in particolar modo quello al seno ed al fegato. Gli studi hanno anche riscontrato che l’estratto di semi, grazie alla concentrazione di flavonoidi, alcaloidie fenoli, può anche avere effetti protettivi nei confronti della chemioterapia, ovvero che queste sostanze siano in grado di proteggere l’organismo dagli effetti nocivi di questo tipo di cure.

Fa bene agli occhi

Grazie alla presenza di antiossidanti, il finocchio è in grado di preservare la salute degli occhi più a lungo.

Attenua gli spasmi addominali

Contiene una sostanza aromatica chiamata anetolo che funziona da calmante in caso di contrazioni addominali.

Riduce le coliche renali

I fitoestrogeni presenti nell’olio essenziale, nell’anetolo per essere più precisi, hanno proprietà utili a ridurre i sintomi delle coliche renali.

Riduce il colesterolo

Questo ortaggio è un’ottima fonte di fibra che, oltre ad aiutare la digestione ed a combattere i radicali liberi, si rivela un ottimo aiuto per tenere sotto controllo i livelli di colesterolo nel sangue. In questo caso i benefici sono per il cuore e per la prevenzione di patologie come arteriosclerosi ed ictus.

Rinforza il sistema immunitario

Il finocchio contiene una buona percentuale di vitamina C che risulta molto utile per rafforzare il sistema immunitario.

Fa bene alla pelle

La vitamina C inoltre ripara i tessuti della pelle ed è indispensabile per la formazione di collagene.

finocchioIl finocchio fa davvero molto bene alla nostra salute ed è per questo che potrebbe essere davvero utile coltivarne in casa o nel proprio giardino o orto. Ecco quindi alcune cose fondamentali da sapere riguardo la coltivazione di questo ortaggio:

Coltivazione: le piantine di finocchio vengono trapiantate da fine luglio a fine novembre ed è una tipica coltivazione autunno-invernale.

Tempi di raccolta: variano in base all’epoca di trapianto, se trapiantati ad agosto occorrono 75-90 giorni per la raccolta (varietà precoce), a settembre 90-120 giorni (varietà medio-precoci), ad ottobre 120-140 giorni (varietà medio-tardive), a novembre 150-180 giorni (varietà tardive).

Tipo di terreno: meglio quelli sciolti, soleggiati, ricchi di sostanza organica e di facile sgrondo, non si adatta bene a quelli argillosi ed a quelli ricchi di pietre.

Clima: preferisce quello temperato-caldo tipico delle regioni meridionali.

Irrigazione: dipende molto dall’andamento climatico, si consiglia comunque di intervenire in modo regolare e costante nella prima fase, successivamente diminuire la quantità e l’intensità irrigua, evitando così eventuali avversità come i marciumi molli. Le piantine del finocchio possono essere consociate con lattughe, piselli, cicorie, porro, cetriolo evitando cavolo rapa e fagioli. Viene fatta solo una concimazione di base con letame o composto ben maturo, meglio se già distribuito nelle colture precedenti.

Distanza di trapianto: tra le file 40-45 cm, sulla fila 15-20 cm.

Mangiare le castagne fa bene alla salute

Postato il 23/11/2016

Con l’arrivo della stagione invernale fanno la loro comparsa sulle nostre tavole le castagne, frutto coriaceo dalla polpa gustosa generalmente consumato arrostito. Simbolo del periodo più freddo dell’anno e delle feste natalizie, le castagne fanno molto bene alla nostra salute grazie ella tante sostanza nutritive che contengono. Scopriamo, quindi, qualcosa in più su questo frutto così delizioso.

I tanti benefici che le castagne apportano alla nostra salute

castagne È bene iniziare specificando una cosa importante: la castagna è il frutto del castagno da non confondere con la castagna dell’ippocastano che invece è un seme. Le castagne derivano infatti dai fiori femminili racchiusi da una cupola che poi si trasforma in riccio. La forma dei frutti dipende, oltre che dalla varietà delle castagne, anche dal numero e dalla loro posizione all’interno del riccio. Generalmente i frutti laterali hanno una forma emisferica mentre quelli centrali hanno una forma schiacciata. L’albero del castagno ha origini molto antiche. Infatti, era già conosciuto ed apprezzato dai Greci per le sue numerose potenzialità. Infatti offriva un’abbondante produzione di frutti molto nutrienti, forniva legname, corteccia, foglie e fiori utilizzati ampiamente nella farmacopea. Furono proprio gli ellenici a svilupparne la coltivazione selezionando le varietà che venivano poi preparate per creare deliziosi manicaretti come il pane nero di Sparta, le sfarinate e le minestre. Greci, Fenici ed Ebrei commerciavano questi frutti in tutto il bacino del Mediterraneo. I saggi dell’epoca come Virgilio davano consigli sulla coltivazione del castagno, mentre Marziale indicava che nell’Impero Romano nessuna città poteva gareggiare con Napoli nell’arrostire questo frutto, Plinio raccontava invece come con la farina di castagne si preparasse un pane particolare di cui si cibavano le donne durante le feste in onore di Cerere, periodo in cui era loro vietato mangiare cereali.  In passato erano tante le tipologie di cottura delle castagne. I latini, ad esempio, le cuocevano sulla fiamma diretta, sotto la cenere, nel latte, al tegame con spezie, erbe aromatiche, aceto e miele.  Galeno e gli altri medici dell’epoca avvertivano però che le castagne, anche se cibo di gran nutrimento, generavano ventosità, gonfiore di ventre e mal di testa.

In epoca medievale furono soprattutto gli ordini monastici a migliorare la coltivazione, la conservazione e la trasformazione delle castagne. Fu allora che si affermò il mestiere di castagnatores, svolto da contadini specializzati nella raccolta e lavorazione di questi prodotti del bosco. Le castagne divennero così l’alimento principale delle popolazioni di montagna. Le castagne erano considerate un cibo plebeo, poco adatto nei menu di corte. Fu probabilmente per questo motivo che , a partire dal XllI sec., iniziò a diffondersi il termine “marrone” per indicare le qualità eccellenti, più grosse e preziose, meglio adatte ad un consumo elitario. Nel Medioevo a questo frutto venivano anche riconosciute proprietà afrodisiache, dettate soprattutto dalla sua forma che richiama quella di una parte dei genitali maschili. Sulle qualità afrodisiache delle castagne si rintracciano anche testimonianze successive. Infatti, un autore arabo tardo medioevale affermava: “le castagne sono calde in primo grado e secche in secondo. Sono assai nutrienti e provocano il coito, ma gonfiano il ventre”.  A partire dal Settecento illuminista la castagna riscosse grande favore presso le classi alte.  Le castagne sono un alimento davvero nutriente, infatti circa il 50% di ciascuna castagna è composto da acqua, mentre sono carboidrati un ulteriore 40-45%. Completano la composizione proteine, grassi e fibre, più un residuo in ceneri. Ricco il contenuto in sali minerali e vitamine, tra le quali ricordiamo: A, B1, B2, B5, B6, B9, nota anche come acido folico, B12, C e D. non mancano nemmeno calcio, ferro, anche se in quantità minori, fosforo, magnesio, manganese, potassio, rame e zinco, insieme a sostanze quali acido aspartico, alanina , arginina, glicina, leucina, prolina, serina e treonina.

Le castagne fanno molto bene al nostro organismo, senza contare che non contengono glutine e sono quindi consumabili da tutte le persone affette da celiachia. Sono molto digeribili e sono consigliate anche in casi di anemia e inappetenza. Grazie all’abbondante presenza di fibre sono molto utili per la funzionalità dell’intestino. Ma vediamo nel dettaglio quali sono le proprietà delle castagne:

Rinvigorenti

Essendo ricche di minerali le castagne sono particolarmente indicate per chi soffre di stanchezza cronica, per chi deve riprendere le forze dopo l’influenza e per bambini ed anziani.

Ricche di minerali

Il potassio è utile per rinforzare i muscoli, il fosforo collabora alla costituzione del tessuto nervoso, lo zolfo è antisettico  e disinfettante, il sodio è utile alla digestione, il magnesio agisce sulla rigenerazione dei nervi.

Sistema nervoso

Grazie alla presenza di vitamina B e di fosforo, le castagne contribuiscono al mantenimento dell’equilibrio nervoso e, grazie alla presenza di zuccheri, possono costituire un alimento alternativo per i bambini allergici al latte.

Collagene

Sono un frutto ricco di vitamina C che sappiamo avere proprietà antiossidantimolto utili alla salute dell’organismo. La vitamina C è molto utile anche per la formazione di collagene, una proteina responsabile dell’elasticità dei nostri tessuti, la pelle in particolare. Una maggior produzione di collagene equivale ad una pelle più elastica, meno rughe e quindi aspetto più giovanile.

Sistema immunitario

Un’altra proprietà della vitamina C è il rafforzamento del sistema immunitario rendendoci più forti di fronte alle infezioni.

Gravidanza

La vitamina B9 è utile per la sintesi del DNA e per la produzione di globuli rossi. Il consumo di alimenti ricchi di questa vitamina durante la gravidanza protegge il feto da alcune patologie.

Sazianti

Le castagne hanno un alto contenuto di carboidrati, per questo motivo sono un alimento molto indicato per calmare la fame e dare un senso di sazietà.

Non ingrassano

A causa di queste proprietà nutritive si potrebbe pensare che questo frutto sia un alimento che faccia ingrassare, ma in realtà la castagna contiene pochi grassi, molta acqua ed il suo apporto calorico non è molto alto. Per questi motivi le castagne possono essere introdotte nella nostra dieta senza problemi per quanto riguarda il controllo del peso.

castagne Prostata

Le castagne contengono molto zinco, un minerale molto utile alla salute della prostata. Il giusto apporto di questo minerale previene il rigonfiamento di questa ghiandola.

Abbassano il colesterolo

Le castagne sono una buona fonte di fibra alimentare che limita l’assorbimento di colesterolo in eccesso nell’intestino. In tal modo ne riduce i livelli nel sangue con conseguenti benefici per la salute. Oltre alle fibre alimentari anche i grassi monoinsaturi come l’acido oleico e l’acido palmitoleico contribuiscono ad abbassare il colesterolo cattivo LDL ed alzare i livelli di quello buono HDL. Una dieta ricca di fibre, di antiossidanti e di acidi grassi aiuta a prevenire malattie legate al cuore come l’infarto e l’ictus.

Radicali liberi

Il buon contenuto di vitamina c, che è un potente antiossidante, contrasta l’attività dei radicali liberi.

Non ci sono particolari controindicazioni al consumo di castagne per le persone in salute, ma a volte vengono sconsigliate a chi soffre di diabete, obesità, colite, aerofagia e patologie legate al fegato. In questi casi è sempre buona norma chiedere consiglio al proprio medico per capire se il consumo anche soltanto occasionale di castagne potrebbe provocare effetti indesiderati.

Ecco alcune curiosità sulle castagne:

  • Per riconoscere da subito quelle non buone si possono mettere a bagno nell’acqua per circa un’ora, quelle che verranno a galla si possono scartare;
  • In tempi passati i nobili erano soliti conservarle castagne dopo averle bollite nel vino bianco;
  • Per schiarire le macchie della pelle si consiglia di farle bollire e di schiacciarle come per il purè, aggiungendovi poi del succo di limone. Applicate il tutto sulle macchie per una ventina di minuti;
  • Esistono due tipi di castagne secche: uno morbido che può essere consumato nell’immediato ed uno duro che necessita di essere messo in ammollo per circa una mezz’ora prima di essere consumato;
  • Il legno del castagno, è compatto ed elastico, grazie a queste proprietà è usato nella costruzione di botti e pali;
  • L’acqua di cottura delle castagne può essere utilizzata sui capelli biondi dopo il lavaggio per esaltarne i riflessi;
  • L’infuso di foglie di castagno è ottimo per gargarismi in caso di infiammazione della gola e della bocca;
  • Con le castagne si prepara un ottima farina che può essere utilizzata per preparare pane, ciambelle, polenta, frittelle e torte.

L’alimentazione migliore per una pelle sana

Postato il 14/11/2016

Mangiare bene è fondamentale per la nostra salute, ma, forse, alcune persone non sanno che lo stato di pelle, capelli, unghie è spesso condizionato dai cibi che assumiamo ogni giorno. Scegliere prodotti di qualità, evitare cibo spazzatura, fritti e grassi, bere molta acqua aiutano il nostro organismo, e quindi la nostra pelle, a stare bene ed apparire in forma. Ma non basta alimentarsi nel modo giusto. Esistono dei cibi particolarmente indicati per la cura della pelle, grazie alle sostanze benefiche, come gli Omega 3 , che sono in essi contenuti.

Per una pelle sana scegli bene cosa mangiare

Iniziamo col capire quali sono le principali sostanze da ricercare negli alimenti in grado di migliorare lo stato e l’aspetto della nostra pelle:

Vitamina A

La Vitamina A è fondamentale per stimolare la riparazione cellulare della pelle del viso. Da questa sostanza si ricava il retinolo, che contrasta l’azione dei radicali liberi. Il retinolo si trova in percentuali più elevate negli oli di fegato di pesce e nel fegato di animali, nelle uova e nel latte. Nei vegetali a pigmentazione gialla, verde scura o rossa, come carote, spinaci e albicocche, questa vitamina è abbondante. Inoltre, la vitamina A favorisce la formazione e il mantenimento della cute e delle mucose.

Omega 3

Molte patologie o disturbi della pelle come lì eccessiva secchezza, l’acne, la psoriasi, possono essere causate da una carenza di acidi grassi insaturi. Anche per questo motivo assumere le giuste quantità di grassi Omega 3 è importante.

Selenio

È un minerale che aiuta a proteggere le cellule della pelle dall’azione dei radicali liberi e ha un ruolo importante nella prevenzione del cancro della pelle. Il selenio si trova in numerosi alimenti: nelle noci del Brasile, funghi, gamberetti, agnello e pesce come merluzzo, ippoglosso, tonno e salmone. Il selenio si può trovare anche nelle carni di manzo e tacchino, nelle ostriche, nelle sardine, nel granchio e nella pasta integrale.

Sono queste tre sostanza a fare davvero la differenza tra alimenti che aiutano la nostra pelle e quelli che, invece, ne hanno poca cura. Ora non ci resta che scoprire dove la Vitamina A, gli Omega 3 ed il selenio si trovano in abbondanza e, quindi, quali sono i cibi che si consigliano per avere una pelle sana.

Tè verde

pelle sanaSpesso l’acne giovanile è causata dall’eccessiva attività ormonale e il tè verde può essere un buon rimedio a questo fastidioso inestetismo. Essendo ricco di antiossidanti, il tè verde combatte i radicali liberi che danneggiano i tessuti e le cellule. Negli ultimi tempi trova larghissimo impiego, tanto che viene usato anche nella cosmesi per creare creme o altri prodotti grazie alle sue proprietà antibatteriche.

Patate dolci

Contengono una buona quantità beta-carotene, che il nostro organismo trasforma in vitamina A utilissima per il benessere della pelle e il rinnovamento cellulare. Spesso, però, le patate vengono escluse dalla lista delle verdure perché contengono carboidrati, questo a discapito di una pelle sana e bella.

Frutti di bosco

I frutti di bosco sono particolarmente indicati per chi ha la pelle fragile e che si arrossa facilmente. Inserire nella dieta ricette a base si frutti di bosco come i lamponi, le fragole e i ribes, renderà un enorme beneficio alla tua cute che si vedrà protetta e rafforzata.

Frutta secca

Mandorle, noci, pinoli, nocciole sono ricchi di rame e selenio che sono degli ottimi antirughe in quanto favoriscono la produzione di collagene. I pinoli, oltre a prevenire la formazione delle rughe, sono anche ricchi di acidi grassi insaturi, essenziali per mantenere la pelle sana e pulita.

Avocado

pelle sanaIl segreto di questo frutto sta negli acidi grassi buoni che, insieme con i carotenoidi, rafforzano l’epidermide, rendendola particolarmente resistente ai danni ambientali, che sono causa di rughe e segni del tempo. Dalla polpa dell’avocado si ricava un olio ricco in vitamine A ed E che può essere applicato dopo la doccia con il massaggio, in modo da migliorare l’elasticità cutaneaè particolarmente indicato per chi ha superato i 50 anni ed ha bisogno di un aiuto in più per ridare tonicità ed elasticità ai propri tessuti. È perfetto anche per trattare l’interno coscia o sottobraccia. L’avocado ha un elevato apporto di  omega 3 dalle virtù elasticizzanti. Contiene numerose vitamine come la vitamina A, C, B ed E, ma anche potassio, calcio e ferro.

Barbabietole
le barbabietole contengono un’alta concentrazione di nitrati che migliora il flusso sanguigno, mentre gli antiossidanti, uniti al pigmento scuro tipico di questo ortaggio, proteggono la pelle dall’invecchiamento precoce e la fanno risplendere.

Carote

Questo ortaggio è il portatore per eccellenza di betacarotene, fondamentale per la crescita e la riparazione della pelle danneggiata dagli agenti atmosferici come pure dall’età, e che nel nostro corpo viene trasformato in vitamina A.

Mele
le mele contengono pectina, una fibra idrosolubile, e quercetina, un flavonoide, che hanno un’elevata capacità di regolare i livelli di zucchero nel sangue e di migliorare il sistema immunitario, contribuendo così a far apparire la pelle più giovane.

Melagrana

pelle sanaIl frutto del melograno è, specie in questo ultimo periodo, considerato un vero toccasana per combattere l’avanzare del tempo. Infatti, è ricco di acido ellagico, un prezioso polifenolo antiossidante che promuove la rigenerazione cellulare e inibisce la crescita delle cellule tumorali. Il melograno ha anche un benefico effetto antinfiammatorio, che accelera il processo di guarigione delle ferite.

Mirtilli

I mirtilli hanno questo caratteristico colore scuro grazie agli antociani che sono anche dei potenti antiossidanti, che neutralizzano l’azione nefasta dei radicali liberi, causa di rughe e pelle segnata. È stato anche scoperto che i suoi fitonutrienti possono frenare lo sviluppo del cancro alla pelle.

Peperoni rossi

Sono ortaggi ricchissimi di vitamina C, in grado di stimolare la produzione di collagene, fondamentale per una buona salute della pelle, che resta morbida ed elastica, meno segnata da rughe ed inestetismi.

Pomodori
I pomodori contengono per natura il licopene, che aiutano a ridurre il numero di radicali liberi causati dall’esposizione ai raggi UV e, di conseguenza, a dare alla pelle un aspetto più sano e meno segnato. Grazie al licopene, il pomodoro agisce come un vero e proprio “scudo” contro i raggi Uv.

Zucca

pelle sanaLa zucca, simbolo di Halloween e presente sulla nostre tavole in questo periodo dell’anno in mille ricette della tradizione e non, contiene da una parte grandi quantità di flavonoidi e di carotenoidi, che danno luminosità all’epidermide, mentre dall’altra ci sono le vitamine A e C, che ne migliorano la resistenza.

Spinaci
Come tutte le verdure a foglia verde, sono una fonte importante di vitamine E, A e C, tutte sostanze che proteggono la pelle dall’invecchiamento e aiutano a scongiurare l’acne, e di antiossidanti, che contribuiscono a dare un aspetto luminoso e sano. Non solo. Recenti studi hanno confermato che, stimolando la riparazione cellulare, gli spinaci possono anche avere delle importanti proprietà antitumorali.

Cioccolato fondente

Il cioccolato, soprattutto quello fondente, è un ottimo alleato per mantenere la pelle giovane e luminosa. Contiene infatti molti antiossidanti, tra cui i potentissimi flavonoidi.  Pare che, secondo studi recenti, una tazza di cioccolato al giorno aiuta a mantenere giovane il cervello, un paio di quadratini di una barretta dovrebbero sortire lo stesso effetto.

Semi di lino

Un altro alimento essenziale per la bellezza della nostra cute sono i semi di lino, solo da poco entrati a far parte della nostra cultura culinaria. Questo alimento è ricco di acidi grassi omega-3 che aiutano la naturale idratazione della pelle, tenendo a bada l’insorgere delle rughe. Inoltre, abbassano i livelli di trigliceridi nel sangue e mantengono forte il nostro cuore, regolarizzando inoltre le funzioni intestinali. I semi di lino possono essere usati interi o tritati da aggiungere nelle insalate.

Agrumi

pelle sanaGli agrumi sono annoverati tra gli alimenti per eccellenza idonei a mantenere la pelle liscia e setosa. Sono molto ricchi di flavonoidi e di vitamina C, allentano l’insorgere delle rughe, prevengono il cancro, abbassano la pressione sanguigna e il colesterolo e sono utili anche contro il mal di testa.

Olio di cartamo

L’olio di cartamo è un olio particolare, non conosciuto da tutti, ma molto utile per la salute della nostra pelle. Questo olio può essere adoperato sia in cucine, per la preparazione degli alimenti, sia applicato esternamente, per idratare e proteggere la cute.

Le proprietà del ravanello

Postato il 08/11/2016

Nonostante il periodo più indicato per consumare il ravanello è da aprile a settembre, in questa fase dell’anno è ancora possibile trovarne di tardivi. L’uso del ravanello in cucina ci permette di creare piatti freschi e saporiti, pur contenendo davvero pochissime calorie. Scopriamo questo ortaggio dall’aspetto curioso e dal sapore leggermente piccante. Il ravanello è una pianta erbacea annuale diffusa in tutte le regioni Italiane, che si presta benissimo ad essere coltivata anche negli orti casalinghi. Il suo nome scientifico è Raphanus sativus, originario dell’Asia Orientale, soprattutto Cina e Giappone, dove viene consumato da più di 3.000 anni.

Il ravanello fa bene alla salute

ravanelloLa pianta di ravanello non raggiunge altezze molto elevate e produce un frutto all’anno. Il ravanello viene coltivato per la radice, sfruttata per lo più in ambito alimentare: si tratta di una radice di forma rotonda, talvolta allungata di colore rosso. Esistono tante differenti varietà di ravanello, tutte presentano una radice tipicamente ingrossata al cui interno si accumulano moltissime sostanze nutritive indispensabili per il successivo sviluppo del frutto e dei fiori. Il frutto è chiamato siliqua, da cui si ottengono i semi. Il ravanello si adatta a molti tipi di terreno, nonostante prediliga quelli ricchi di sostanze organiche, calcarei ed irrigui. Proprio per questa ragione è possibile coltivarlo in differenti condizioni climatiche, da nord a sud. L’idea che abbiamo, dovuta anche alle tipologie di ravanello disponibili sul mercato italiano, è che questo ortaggio non possa essere più grande di una ciliegia. In realtà, date le moltissime varietà coltivate, esistono alcuni ravanelli, diffusi per lo più in Giappone, che possono raggiungere anche i 50 kg di peso. Il ravanello, dal sapore leggermente piccante e pungente, ha un colore che va dal rosso- intenso a sfumare più tenui in base alla specie. La sua polpa è bianca e croccante. Proprio sulla base del colore, il ravanello viene catalogato in molte varietà e sotto-varietà. Nonostante la tipologia più nota e largamente consumata in Italia sia radicola, il ravanello propriamente detto sembra essere il Raphanus sativus var. niger Miller, meglio conosciuto come Ramolaccio o Radici d’inverno, il quale presenta radice globosa o allungata, ed un particolarissimo colore nerastro. Vediamo però le caratteristiche delle varietà più diffuse:

Varietà radicula

  • Nome scientifico: Raphanus sativus var. radicula- Ravanello
  • Sottovarietà:
    • a radice tonda: rotondo rosa, rotondo rosa precoce, rotondo rosa da forzare, rotondo scarlatto precoce e rotondo bianco, ecc.
    • a radice semilunga: mezzo-lungo rosa, mezzo-lungo a punta bianca, mezzo-lungo scarlatto, mezzo-lungo scarlatto da forzare, ecc.
    • a radice lunga: lungo rosa, lungo bianco, ecc.
  • Radice: la radice è piccola, con un diametro di massimo 3 cm, e la forma è tonda o lievemente semi-lunga; il colore può essere rosa o rosso.
  • Diffusione: Italia – Europa.
  • Coltivazione: è un ortaggio che può essere consumato tutti i mesi dell’anno.

Varietà niger

  • Nome scientifico: Raphanus sativus var. niger Miller. – Ramolaccio o Rafano o Radici d’inverno
  • Sottovarietà:
    • varietà estive: bianco tondo da estate, bianco gigante da estate, rotondo giallo oro precoce, grigio estivo lungo di Colmar (in realtà è un semilungo), bianco di Strasburgo, nero lungo d’estate a polpa bianca, ecc.
    • varietà invernali: bianco di Russia, a grande radice, ovale precoce, un tondo di color ruggine, rosa invernale di Cina, nero grosso lungo d’inverno, con radice lunga fino a 30 cm, grosso rotondo nero d’inverno
  • Radice: la radice è più voluminosa a forma sub-globosa o decisamente allungata; il colore è nero, o nerastro o anche bianco. La parte interna consiste in una polpa bianca e dura (il sapore è piccante).
  • Diffusione: Italia – Europa.

ravanelloVarietà raphanistroides

  • Nome scientifico: Raphanus sativus fo. raphanistroides
  • Frutto: in questa sottospecie di origine giapponese, la siliquaè più tortuosa e l’interno è organizzato in diverse loggette monosperme meglio definite delle varietà europee.
  • Diffusione: Giappone.

Come abbiamo visto sono diverse le varietà di ravanello diffuse nel nostro paese e nel resto del mondo. Per quanto sia una radice spesso di piccole dimensioni è ricca di sostanze benefiche per in nostro organismo e per la nostra salute. Vediamo insieme quali sono le componenti, per 100 grammi di prodotto, che lo rendo così indicato per una buona alimentazione:

Calorie 16

Grassi 0,1 g

                Acidi grassi saturi 0 g

                Acidi grassi polinsaturi 0 g

                Acidi grassi monoinsaturi 0 g

Colesterolo 0 mg

Sodio 39 mg

Potassio 233 mg

Carboidrati 3,4 g

                Fibra alimentare 1,6 g

                Zucchero 1,9 g

Proteina 0,7 g

Vitamina A 7 IU

Vitamina C 14,8 mg

Calcio 25 mg

Ferro 0,3 mg

Vitamina D 0 IU

Vitamina B6 0,1 mg

Vitamina B12 0 µg

Magnesio 10 mg

Visto il contenuto di questa straordinaria radice proviamo a capire concretamente quali siano i reali benefici che il nostro organismo può ricevere dal ravanello, non a caso trova largo impiego nella fitoterapia:

  • Proprietà antispasmodica: il consumo regolare di ravanello è utile come coadiuvante nel rilassamento del sistema muscolare e nervoso;
  • Proprietà antielmintica: il ravanello è utilizzato anche per eliminare parassiti e vermi;
  • Proprietà antisettica e antibatterica, poiché inibisce la formazione e la crescita di batteri;
  • Proprietà diuretica: il consumo frequente di ravanello – crudo soprattutto – stimola la diuresi;
  • Proprietà depurativa, soprattutto a livello renale;
  • Proprietà antiscorbutica, per la presenza di vitamina C;
  • Proprietà astringente: il ravanello, consumato frequentemente, è in grado di limitare la secrezione dei liquidi;
  • Capacità di stimolare la digestione e l’appetito;
  • Proprietà terapeutiche contro tosse, affezioni polmonari, asma e bronchiti, meglio se assunto sottoforma di infuso o decotto;
  • Proprietà lassative, attribuite ai semi di ravanello: i semi, contenenti sinalbina, mescolati all’acqua stimolano il transito intestinale garantendo un effetto lassativo, seppur blando.
  • Purificante del sangue: i ravanelli contengono molto zolfo il che li rende perfetti come elementi capaci i bilanciare il PH della pelle e allo stesso tempo disintossicare il sangue.
  • Disintossicante: i ravanelli hanno proprietà disintossicanti anche per tutto l’organismo. Associando il succo di ravanello a quello d’ananas e assumendolo per un mese intero si ottiene un’azione disintossicante. Il succo di ravanello può essere assunto anche da solo per depurare il fegato. In questo caso basta bere un cucchiaio grande di succo di ravanelli prima di ogni pasto per sfruttarne tutti i benefici.
  • Calmante: i ravanelli contengono sostanze capaci di calmare la tosse, ma anche il sistema nervoso.

ravanelloI ravanelli sono poveri di calorie, solo 16 ogni 100 grammi e ricchi di vitamina C, vitamine del gruppo B, ferro e zolfo. Le sue sostanze nutrienti sono fondamentali per il nostro organismo e per questo è bene mangiare ravanelli anche ogni giorno, sempre in dosi modeste. In questo ultimo caso si consiglia di assumere ogni giorno al mattino un cucchiaio di succo di ravanello puro. Ma come scegliere i ravanelli? Si consiglia di acquistare ravanelli dal colore deciso e non troppo grandi perché rischierebbero di essere duri. Le foglie devono essere fresche e non ingiallite. I ravanelli si conservano in frigo anche per 10 giorni, l’importante è lavarli accuratamente, asciugarli con un foglio di carta assorbente e metterli in frigo all’interno di un sacchetto di carta per alimenti. Possono essere centrifugati per assaporarne le sostanze nutritive, anche se è più indicato usarli crudi in insalata. Con le foglie di ravanelli è possibile creare decotti. Basta lasciarle seccare al sole fino a che non scricchiolano al tatto e usarli per decotti e infusi benefici. I ravanelli hanno, però, delle controindicazioni. Sono ricchi di proprietà ma come gran parte delle verdure possono avere qualche piccola controindicazione, tra cui ricordiamo che possono causare flatulenza e irritazione delle mucose intestinali. I ravanelli non sono adatti in caso di gastrite o colite così come in caso di calcoli renali. I ravanelli hanno un largo impiego in cucina. Il loro sapore particolarmente pungente e leggermente piccante permette di impreziosire insalate, mentre grazie al colore rosso intenso e bianco viene sapientemente sfruttato per decorare piatti freddi e guarnire carni e pesci. Generalmente, il ravanello viene tagliato sottoforma di rondelle sottilissime e condito con olio e limone, il cui succo ne facilita la digestione. Questa radice viene spesso consumata anche in pinzimonio, associato a carote, finocchio, sedano e pomodori. È consigliabile tuffare i ravanelli in abbondante acqua fredda per almeno qualche ora, prima di utilizzarli per le insalate, in questo modo si accentua la croccantezza del prodotto. Inoltre, il ravanello può essere gustato cotto, ed utilizzato per la preparazione di frittate o semplicemente come contorno. Della pianta Raphanus sativus possono essere utilizzate, a fini alimentari, persino le foglie: dopo la bollitura, possono essere consumate con un goccio di olio e leggermente salate.

Piatti tipici: polenta concia valdostana

Postato il 04/11/2016

Con l’arrivo dell’inverno cambiano le nostre abitudini alimentari, ma, vista la varietà della nostra cucina tradizionale, abbiamo a disposizione sempre piatti gustosi e prelibati. Se d’estate preferiamo piatti come la pasta al pesto, con il freddo non possiamo rinunciare ad un piatto tipico delle regioni del nord Italia ed in particolare della Valle d’Aosta: la polenta concia. La polenta è un antichissimo piatto a base di farina di cereali.

La polenta concia, un piatto della tradizione da far girare la testa

polenta conciaIl cereale di base più usato in assoluto è il mais, importato in Europa dalle Americhe nel XV secolo, caratteristico per il colore giallo, tipico della vera polenta. In origine, però, questa pietanza era più scura perché veniva realizzata soprattutto con farro o segale, e, in alcune zone, anche con il grano saraceno, importato dall’Asia. La prima coltivazione di mais attestata nel nord Italia risale a Lovere, in Val Camonica. Oggi la polenta resta un piatto molto conosciuto e caratteristico di una delle regioni più settentrionali del nostro paese. La cucina valdostana è ricca di cibi deliziosi, ma la regina della tavola resta la polenta concia. Farina di mais e acqua vengono mescolate insieme e cotte a fuoco lento per creare una pietanza sostanziosa e saporita. Ormai esistono tanti tipi di condimento alla classica polenta, dal sugo di lepre a quello di funghi a quello di cinghiale, in base alle zone dove viene preparata, ma la variante più conosciuta è la Polenta Concia, che prevede l’aggiunta di formaggio e burro.

La storia della polenta risale ad epoche antichissime. Basti pensare che già gli uomini delle caverne erano soliti macinare grossolanamente i cereali tra due pietre e cuocerli in acqua bollente. Questa usanza fu recuperata anche dai babilonesi, dagli assiri e dagli egiziani. Alcune fonti archeologiche testimoniano il rinvenimento di grani di mais a Tebe, in una tomba egizia. Anche in epoca romana vi sono attestazioni di questo tipo, di un prodotto che era chiamato con un nome molto simile al nostro: pultem.  Era fatta con un cereale simile al grano, ma più duro: il farro. Questo veniva macinato e cotto, dando vita ad una polentina molle, che veniva servita con formaggi e carni varie.  Il termine polenta deriva dal latino puls, una specie di polenta di farro che costituiva la base della dieta delle antiche popolazioni italiche. I greci invece usavano solitamente l’orzo. Secondo alcune fonti storiche il puls originario fosse costituito da una miscela che includeva semi di leguminose, forse anche spontanee. Infatti, il termine inglese pulses, che indica i legumi in genere, ha origine dal pre-romano pulus. L’etimologia inglese della parola conferma questa osservazione in quanto fa risalire il nome al XIII-XIV secolo per indicare genericamente i legumi, con probabile derivazione dal francese arcaico pols e dal greco antico poltos, col significato di zuppa spessa. Una curiosità: è tuttora in uso, soprattutto in alcune regioni del Sud Italia, una polenta a base di fave, con la quale si accompagnano verdure come ad esempio la cicoria. Attualmente esistono in commercio farine di granoturco precotte, che permettono di cucinare la polenta riducendo il tempo di cottura a pochi minuti, naturalmente con sostanziali differenze di consistenza e sapore, rispetto alla polenta tradizionale, che richiede almeno un’ora di cottura.

Solo con la scoperta delle Americhe e quindi del mais è stata raggiunta la perfezione del piatto. Se fino ad allora i cereali utilizzati erano il farro, il grano saraceno, il miglio, il sorgo o il panico, da quel momento in poi il mais li sostituì tutti.  Il mais fu introdotto in Europa attorno al 1525, ma in America e nelle zone centrali del continente come Messico, Guatemala, Honduras, i Maya, gli antichi abitanti, coltivavano il mais già tremila anni fa. Le prime notizie sulla farina gialla nel vecchio continente si hanno nel Friuli già verso il 1550-55. Nel primo ‘500, il mais era chiamato grano turco, perché nel linguaggio comune tutto ciò che era straniero prendeva questo appellativo. Esiste, però, un’altra versione secondo la quale il mais fosse già arrivato in Europa da Oriente col nome di granoturco per la semplice ragione che i persiani, che lo coltivavano e lo consumavano, vivevano sotto il dominio dei turcomanni. In Italia il mais ebbe la sua maggiore fortuna nel Veneto e nel vicino Friuli. Fu Venezia a introdurlo nelle paludi del Polesine e nel Friuli. Secondo uno studioso, Giovanni Beggio, la prima semina è datata 1554. Nei secoli seguenti l’intera Padania non mangiò altro che polenta di mais. La polenta risolse enormi problemi alimentari di molte popolazioni povere tanto che l’eccessivo ed esclusivo consumo di questo cibo portò in Europa la malattia della pellagra. Si disse allora che la polenta non poteva dare all’organismo tutto ciò che esso richiedeva, un errore grossolano. Il problema era, invece, che l’alimentazione non poteva limitarsi alla sola polenta, ma questa andava integrata con altri alimenti. Oggi si è giunti alla conclusione che il mais come tutti i cereali, può fornire un buon apporto di proteine. Si tratta solo di arricchirla con semplici condimenti come salsicce, fagioli, formaggio grattugiato, proprio gli stessi condimenti che già facevano parte della cultura contadina e che erano ampiamente utilizzati per realizzare piatti completi di proteine, carboidrati, grassi, sali minerali e qualche vitamina.

La polenta viene prodotta cuocendo a insieme acqua e farina di mais, meglio se a grana grossa. Questa si versa a pioggia nell’acqua bollente e salata, in un paiolo, tradizionale tegame in rame, e si mescola continuamente con un bastone di legno di nocciolo, chiamato “cannella”, per almeno un’ora. La farina da polenta è solitamente macinata a pietra più o meno finemente a seconda della tradizione della regione di produzione. In genere la polenta, una volta cotta, viene servita in tavola su un’asse circolare coperta da un canovaccio e viene accompagnata, a seconda della sua consistenza, con un cucchiaio, tagliata a fette, con un coltello di legno o con un filo di cotone, dal basso verso l’alto. La polenta è un piatto diffuso anche nel resto d’Europa. In Corsica, ad esempio, è diffusa a pulenta, piatto tradizionale della cucina dell’isola, preparata quasi sempre con la farina di castagne ricavata dai frutti prodotti dagli estesi castagneti presenti nell’isola. Nelle Antille olandesi, invece, si prepara il funchi, del tutto analogo alla polenta, a base di farina di mais e consumato al posto del pane o del riso. Anche in altre parti del mondo esisto piatti molto simili alla nostra polenta. In Burundi si prepara una polenta con acqua e farina di manioca, senza sale, chiamata in kirundi con il nome di umutsima. In Burkina Faso la polenta di miglio è l’alimento base nel regime alimentare burkinabè. La polenta, come abbiamo visto, ha una lunga storia e numerose varianti, ma quella tipica della Valle d’Aosta è la polenta concia, molto più morbida e saporita di quella semplice, dalla consistenza quasi liquida e dal gusto indimenticabile. La morbidezza di questa pietanza è dovuta all’uso del burro e del formaggio mischiato nel composto farinaceo. La ricetta, che come tutte le ricette storiche, varia da cucina a cucina, da famiglia a famiglia. L’ideale sarebbe poterne consumare un piatto in uno dei ristiranti tipici della regione d’origine, ma, capiamo bene, non sempre questo è possibile. Farla in casa, però, è tutt’altro che complicato.

polenta conciaIngredienti

  • 300 g di farina gialla
  • 150 g di Fontina Valdostana DOP
  • 100 g di burro
  • acqua
  • sale

Preparazione

Prima di tutto bisogna preparare la polenta. Munirsi di un paiolo in rame, o in mancanza di questo, di una pentola capiente. Esistono in commercio anche paioli meccanici che, dotati di un piccolo motore elettrico che muove una paletta, mescolano automaticamente la miscela in modo da alleggerirci il lavoro, ma non sono fondamentali per una buona riuscita del piatto, ciò che occorre è olio di gomito e pazienza. Si inizia col mettere in una grossa pentola dell’acqua salata a cui, una volta portata ad ebollizione, va aggiunta a pioggia la farina di mais. Per 45 minuti bisognerà mescolare continuamente evitando che si formino grumi. Utilizzate per farlo un cucchiaio di legno dal manico lungo. Quando noteremo che alle pareti della pentola o del paiolo si sarà formata una sottile crosta, vuol dire che la polenta è pronta. A questo punto basterà aggiungere la Fontina DOP tagliata a dadini ed il burro. Mescolare ancora fino a fare sciogliere i due ingredienti e la Polenta Concia è pronta. A questo punto ungete una pirofila con del burro e coprite il fondo con uno strato di morbida polenta. Aggiungete poi Fontina Valdostana DOP, unite quindi il burro a piccoli cubetti o fiocchetti e ricoprite con un altro strato di polenta e poi di gorgonzola. In alternativa, per un gusto più deciso, potete scegliere di utilizzare un altro tipo di formaggio tipo il gorgonzola, perfetto per questa preparazione. Come ultimo strato, disponete il formaggio e terminate con un’abbondante spolverata di formaggio grana grattugiato e qualche fiocchetto di burro. Fate cuocere la polenta concia in forno per 15-20 minuti a 180°. Servitela ancora calda.

Abbiamo visto quanto è facile preparare questo delizioso manicaretto, anche in casa, specie se si sceglie di utilizzare la polenta istantanea che si cuoce in una manciata di minuti. È chiaro, però, che la polenta concia non è un alimento leggero, nè ipocalorico.  C’è, però, da sottolineare che non è la polenta in sé ad essere calorica, ma il suo condimento. Quindi, maggiore sarà la quantità di formaggio aggiunta, maggiore sarà la quantità di calorie assunte con una porzione di polenta concia. Tuttavia, di media, si contano dalle 600 alle 800 calorie. Una valida alternativa, ugualmente gustosa, è la polenta semplice, condita con un sugo leggero.

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